POZZALLO – C’è un’isola che esiste e funziona come un orologio svizzero, tanto che «bisognerebbe esportare nel resto d’Italia il “Sistema Sicilia”». Lo dice il Prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, parlando dell’organizzazione per l’accoglienza dei migranti. Del resto le prefetture, le aziende sanitarie, gli organi di Polizia hanno alle spalle lunghi anni di preparazione sul campo: Lampedusa, Pozzallo e via discorrendo. Mete che questi meno fortunati raggiungevano, quando tutto andava bene, direttamente con le loro carrette del mare: vecchi pescherecci sovraccarichi che sopportavano le onde a fatica, oppure malridotti gommoni inadatti a questo genere di traversata spesso di tragedie consumate in mare. Una macchina perfetta, suggerisce il Prefetto di Palermo, oggi. Cioè in un momento in cui, rispetto al passato, non esistono i criteri per definire “sbarchi” quelli che invece sono a tutti gli effetti “arrivi programmati di migranti”, poiché vengono prelevati in mare aperto e condotti in banchina a bordo delle motovedette della Marina nilitare o sul naviglio mercantile; quindi l’organizzazione di tali eventi è anticipata diverse ore prima. Non è un’emergenza vera e propria, almeno a terra, tanto che non viene dichiarata ufficialmente come tale, creando qualche problema organizzativo, specialmente per il popolo dei volontari di Protezione Civile. Infatti questi “soccorritori” non possono usufruire di permessi retribuiti dal lavoro e alcuni rimborsi spese per l’attività svolta. Però le ambulanze presenti in banchina sono tutte “private”, proprietà di alcune associazioni di volontariato. Un servizio “gratuito” per lo Stato. Dall’esterno è difficile comprendere cosa accada realmente oggi, quando si verifica quello che viene definito impropriamente uno “sbarco migranti”, per questo la scommessa era quella di vivere personalmente e “volontariamente” l’esperienza di prestare la propria collaborazione, anche per testare questa macchina organizzativa, vanto della Sicilia che sembra funzionare.
Per comodità abbiamo scelto di attendere la notizia dell’arrivo dei migranti presso il porto di Pozzallo: 28 sbarchi nel 2013 per un totale di 3466 migranti; 103 nel 2014 e 25939 migranti assistiti, per finire ai 30 sbarchi per un totale di 8254 migranti di quest’ultimo anno.
L’attesa non è durata molto anche se, a dire il vero, quest’estate il flusso dei migranti lo hanno condiviso costantemente anche altre località siciliane, quali Augusta, Palermo, Messina, Catania. Anche nel caso di Pozzallo è la Prefettura di Ragusa che attiva la “macchina dei soccorsi” a terra. Gli uffici del Prefetto Annunziato Vardè contattano tutti gli enti interessati: Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Azienda sanitaria e gli altri soggetti coinvolti dal “Piano provinciale di soccorso e assistenza in emergenza sbarchi”, voluto nel 2010 (proprio dall’allora Prefetto di Ragusa Francesca Cannizzo). La Protezione Civile regionale è il nostro contatto. La telefonata arriva al funzionario di turno, Giovanni Zacco, alle 10 di sera: “Per domani (sabato 25 luglio) alle 11 arriverà una nave irlandese con circa 460 migranti a bordo”. Il funzionario di Protezione civile rilancia il messaggio ai collaboratori del Dipartimento attraverso un canale personalizzato di WhatsApp: arrivano le adesioni, in prima battuta, del personale che coordinerà le operazioni in banchina, di solito due dipendenti con esperienza nello specifico settore. Si contattano quindi le associazioni di volontariato. Qui nulla è scontato perché si parla, ovviamente, di “volontari” e nessuno può costringerli ad attivarsi. Eppure in questi anni sono stati sempre in tanti a rispondere “noi ci saremo”. Con l’entusiamo che spesso non tiene conto della fatica di restare sotto il sole per giornate intere, oppure di prestare la propria opera per più sbarchi consecutivi, giorno e notte. E’ accaduto lo scorso anno. E il sistema è andato in sofferenza, ma non si è bloccato. Nel nostro caso 3 erano i volontari della Misericordia di Modica, con l’ambulanza, 2 del Gruppo Comunale di Ragusa, con ambulanza, 4 del gruppo Comunale di Modica, 2 del Gruppo comunale di Scicli e 6 di quello di Pozzallo, sempre con ambulanza al seguito. L’organizzazione sembra essere perfetta e gli orari più che “comodi e sostenibili”, nonostante il sabato prefestivo e per alcuni non lavorativo. La sorpresa arriva all’indomani, con la comunicazione che l’approdo della nave irlandese “Niamh”, un pattugliatore d’altura con 44 marinai a bordo, compresi ufficiali e sottufficiali, anticiperà l’attracco alle 9 del mattino. Improvvisamente per tutti diventa una corsa contro il tempo. Quindi anche per noi testimoni dell’evento. Eppure l’appuntamento in banchina viene rispettato da ognuno. Anche se la nave, con il suo carico di uomini soccorsi in due diverse operazioni in mare (467, tra cui 41 donne, 9 in gravidanza, e 42 minori, molti dei quali bambini) arriverà alle 10. Le tende vengono montate dai volontari della Protezione Civile. Salvo Buscema, volontario di Scicli con una vita a volte segnata da problemi di salute ed economici ormai alle spalle: “E’ più di un anno che faccio sbarchi e anche le mie ferie le dedicherò a queste persone in difficoltà”. Ognuno di questi uomini e donne che prestano volontariamente il proprio tempo sembrano avere una storia personale che li sprona a fare, e ne sa qualcosa Emilia Pluchinotta, che coordina i volontari di Pozzallo: “E’ da circa sette mesi che ho avuto questa mansione; i volontari a Pozzallo sono circa 30. Agli sbarchi partecipano ogni volta circa 10 dei nostri, tutti formati per questo tipo di eventi”. E la cronologia degli sbarchi a Pozzallo viene raccontata dal fotografo Massimo Assenza, che ha portato in giro per l’Italia con una sorta di mostra itinerante questo carico di emozioni: “Nel corso del tempo non è cambiata solo la provenienza dei migranti, ma anche lo status sociale, perché ormai queste persone non emigrano più solo per povertà e per fame ma, con l’apertura del fronte siriano, vediamo arrivare su questi barconi anche interi nuclei familiari che fuggono dalla guerra” – racconta Assenza – “E’ anche cambiata l’organizzazione, perché dopo Mare Nostrum è diventata una macchina sempre più complessa”. La passerella viene calata a terra e le prime a scendere sono le donne incinte, che vengono identificate dalla Polizia e dai funzionari dell’organizzazione europea e, quindi, su disposizione del medico dell’ASP, il dottor Scarso, trasferite negli ospedali di Modica, Ragusa e Vittoria (a cura dei soccorritori volontari). Poi è una lunga fila indiana aperta da donne e bambini, che chiedono acqua e cibo. Buona parte di queste persone non ha scarpe ai piedi, e queste gli vengono consegnate dall’organizzazione. L’identificazione ed il trasferimento con gli autobus tra Bologna, Milano e Ragusa impegna 7 ore di lavoro sotto il sole cocente; tutto viene videodocumentato e, come sempre, viene individuato lo scafista: in questo caso solo un giovane, apparentemente un po’ smarrito e difficilmente identificabile da un occhio inesperto. Ma gli investigatori di Ragusa hanno affinato i propri metodi, con grandi risultati, che a volte passano dal semplice esame delle mani o dalla “spiata” raccolta dai mediatori linguistici, che parlano con i migranti del loro viaggio. La “nostra” identificazione si è complicata per una novità: adesso alal partenza i trafficanti minacciano, in caso di spiata, di rivelare la vera provenienza dei migranti, pregiudicando il riconoscimento di specifici diritti politici. Ma in questo caso la minaccia non ha funzionato. Medici Senza Frontiere è una presenza costante e fondamentale anche per l’esperienza dal punto di vista delle eventuali malattie infettive o epidemiche: “Le persone arrivate oggi stanno abbastanza bene fortunatamente” – afferma Chiara Montaldo, coordinatrice dei progetti di MSF in Sicilia – “Quello che noi in genere vediamo sono patologie legate alla permanenza in Libia, alle violenze lì subite ed alle condizioni di scarsa igiene in cui le persone sono costrette a vivere per mesi interi, oppure legate alle diverse età, perché tra i siriani ci sono molte persone anziane, come nel caso di qualche settimana fa in cui è arrivato un signore di 93 anni, quindi patologie croniche come diabete ed ipertensione”. Tempo di bilanci: sono le 16, il sole ha reso tutti rossi, specialmente i giornalisti ed i funzionari mandati dall’”Europa”, compreso l’eurodeputato Ignazio Corrao che, collana della pace al collo e capelli raccolti verso l’alto, ha “benedetto” i lavori in banchina. Alcune cifre per capire la portata dell’evento: distribuiti un centinaio di mascherine e guanti protettivi per gli operatori, oltre 500 bottigliette d’acqua, un centinaio tra confezioni di merendine e succhi di frutta, e pranzo e cena confezionati per i migranti che affronteranno il viaggio verso il nord (gli altri mangeranno nel centro di accoglienza di Ragusa). Sulla banchina sono intervenute più di cento persone, tra medici, forze dell’ordine e volontari. Una macchina perfetta? Probabilmente sì, ma per esempio resta incomprensibile la mancanza dei bagni chimici per migranti e “soccorritori”. Le proteste e anche il nostro interessamento hanno fatto sì che questo servizio fosse prontamente ripristinato, dopo tanto tempo, già allo sbarco successivo.
Chiara Venuto, pubblicato una prima su CentonovePress il 6 agosto 2015