John e Peppino, i due Bonica di Filicudi

FILICUDI – Peppino era nato nel 1907, John dieci anni dopo. Peppino era rimasto a Filicudi, andando via solo quando, ormai ottantenne, ha dovuto seguire il figlio a Messina. Qui è morto nel 1999. John se ne era andato 5 anni prima, nella sua casa americana: la penna ancora in mano e gli appunti sulle sue ultime ricerche sparsi sulla scrivania.

Peppino nel libro “Filicudi l’isola magica” aveva parlato di John coniandogli il soprannome di “Mago del dolore”. Peppino e John si conoscevano ma probabilmente tra di loro non esistevano legami di sangue. Del resto a Filicudi il cognome Bonica è diffusissimo. Quelle di Peppino e John Bonica sono le storie parallele di chi è rimasto e di chi è fuggito, ma senza dimenticare. Entrambi hanno illuminato di riflesso il loro “scoglio”.

Peppino Bonica Calandra oggi viene ricordato come il poeta di Filicudi: ma egli era anche il lodato postino dell’isola, la memoria storica, l’ispettore dei monumenti, l’uomo sensibile che si prese cura di raccogliere migliaia di oggetti della cultura locale per farne un museo che il mare gli saccheggiò una mattina di novembre del 1985. “E’ stata una perdita incommensurabile per tutti i filicudari”, commentò alcuni anni dopo Bonica e quasi gli veniva da piangere.

Peppino ebbe la forza di lasciare la sua isola solo quando capì di non aver risorse a sufficienza per restare. Negli ultimi anni di vita temeva che a Filicudi si fossero dimenticati di lui. Invece il suo ricordo è vivo anche grazie al libro “Filicudi l’isola magica”, una sorta di manuale storico di sopravvivenza filicudara: leggende, proverbi, modi di dire. Il racconto dell’infanzia di Peppino trascorsa alle calcagna dell’autorevole nonno, non per niente soprannominato “u nutaru”, la descrizione delle contrade di Filicudi che palpitavano di vita (5000 abitanti ridottisi a circa 200 nel corso della sua vita), il profumo dei vigneti stracarici d’uva e la passione per i “pizzarruna” (pezzi di farina integrale non lievitata fatta arrostire sulla brace).

L’altro Bonica, John J. Bonica, a Filicudi è nato nel 1917 e qui ha vissuto per i primi undici anni della sua vita. Una vita “idilliaca”, come egli stesso la definiva parlando nei congressi in giro per il mondo: la scuola al mattino e poi a giocare in riva al blu Mediterraneo nel pomeriggio.

Di famiglia medio borghese, aveva una bella casa a Valdichiesa da cui si vedevano cinque delle sette isole Eolie. Inoltre possedeva terra sufficiente per produrre un ottimo vino, olio di oliva, grano e ortaggi che consentivano alla sua famiglia di vivere in maniera confortevole. Nel 1925, il pdre di John decise di emigrare in America per dare ai suoi figli “un’educazione migliore, migliori opportunità e più stabilità democratica”.

Frasi fatte per giustificare la recita di un copione replicata sino all’infinito: a Filicudi praticamente sino allo spopolamento dell’isola. Eppure quell’uomo aveva ragione: perché un giorno un grande presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, bussò, alla porta di suo figlio John J. Bonica per chiedergli aiuto…

Il giovane Bonica arrivò in America, a Brooklin, tre anni dopo il padre, nel 1928. Non furono anni facili: negli Usa si registrava una severa crisi economica, ma John studiava con successo per diventare medico. Nel 1932 papà Antonio morì; aveva 55 anni. John fu costretto ad abbandonare gli studi per aiutare la famiglia. Studi che riprese dopo qualche anno grazie ai compensi di una sorta di lotta greco-romana, il wrestling. Dopo la laurea concentrò i suoi studi sui rimedi contro il dolore: nel 1953 per primo descrisse il dolore cronico come “malattia nella malattia”. Bonica è considerato il padre mondiale della terapia contro il dolore. Kennedy si rivolse a lui perche gli curasse i fastidi causati da una vecchia ferita di guerra.
Francesco Venuto

centonove (2002)