El Zebib, un tesoro di vino made in Pantelleria

PANTELLERIA – Ha origini arabe, ma ne conserva traccia solo nel nome. Per il resto è un prodotto tutto siciliano, anzi pantellerese, coltivato con tecniche sperimentate direttamente dai viticultori isolani e fondate in prevalenza sul lavoro manuale, ancora nel Duemila come nel IX secolo dell’era cristiana, quando sbarcò sulle coste dell’isola più africana d’Italia.

El Zebib era il nome del porto da cui, già prima dell’anno Mille, salpavano i velieri arabi diretti alle coste siciliane. E zibibbo si chiamò il vitigno che sbarcava in Sicilia dopo aver viaggiato a bordo di quei bastimenti.

Ma più che agli Arabi, Pantelleria deve dire grazie ad Allah se lo zibibbo fa ancora oggi la fortuna economica dell’isola.
Furono infatti le norme islamiche sull’astinenza dall’alcool ad impedire ai musulmani di apprezzare le qualità di questo vitigno.
Esclusivamente alla sapienza acquisita dai siciliani nella lavorazione dell’uva si devono invece i successi collezionati negli ultimi anni dalle aziende vinicole dell’area trapanese: dalla concessione – nell’anno 2000 – del marchio d.o.c. per sei tipologie di vino, tutte derivate dalla lavorazione dello zibibbo, alla premiazione – lo scorso 20 settembre – del Passito di Pantelleria, prodotto dalla Ben Rye di Donnafugata e dichiarato “miglior vino d’Italia” nell’ambito di un concorso nazionale di enologia.
Premiato il vino e premiata la tradizione, se è vero che a Pantelleria ogni alberello di zibibbo è coccolato dalle mani dei viticultori, calato in buche profonde fino a sessanta centimetri perchè il vento non lo rovini e la siccità non lo colpisca a morte.
D’altra parte, quando questo insospettato tesoro d’Oriente – chiamato anche moscato d’Alessandria – sbarcò a Pantelleria, l’area siciliana nel suo complesso vantava già un millennio di esperienza in fatto di vino. La civiltà magno-greca aveva imparato a trarre dall’uva un magnifico nettare, che nell’area siracusana prendeva il nome di “pollion”.

E i cartaginesi introdussero proprio a Pantelleria la ricetta del “passum”, che ancora oggi costituisce la base per la preparazione del passito.
Maria Lenzo