Un’immagine perduta in cinquant’anni di alluvioni/ La storia di Bauso, oggi Villafranca Tirrena …(1989)

VILLAFRANCA TIRRENA (Bauso) – autore Francesco Venuto, pubblicato su Affari del 25 febbraio 1989, pagina 4 – Dalla catena dei monti peloritani (..) si partono cento e più giogaie (…) le quali terminano in promontori, un tempo certamente bagnati dal mare, oggi non più perché, per i sollevamenti della terra e le dejezioni de`torrenti si è costituita alla loro base una lunga striscia di terreno pianeggiante, di cui si è impadronita la civiltà per coltivare a vigneti e giardini, fissarvi su la popolazione.
«Una di queste giogaie prossimamente a Messina. porta sull`ultima sella un mucchio di case, che furono e sono abitate dai vassalli del conte di Bauso. All’estremo del promontorio si eleva il castello feudale fabbricato quadro, i cui angoli sono tagliati da fortini, e la cresta coronata da merli». Il passo è tratto dalla Difesa della Provincia di Messina contro Pettini in corte di Cassazione, relazione del cavaliere Galifi-Coco, pubblicata nel 1890.
Bauso è oggi Villafranca Tirrena (il primo comune del Messinese procedendo verso Palermo). Il Pettini interessato è Francesco, riconosciuto nel 1873 conte di Bauso. che aveva mosso contro la Provincia una causa, protrattasi per lungo tempo, per aver subito danni ad un ampio giardino «di li- moni. di pesco e di altri frutti- durante l‘alluvione del 1863, a causa del cedimento dei muri d`argine fatti costruire dalla Provincia stessa.
Ripercorrere queste vecchie beghe d’interesse. riportare alla luce avvenimenti che erano cronaca del tempo e sono già storia, o meglio ·microstoria, ma che certamente dovettero appassionare l’opinione pubblica locale. sottolinea i radicali cambiamenti avvenuti nel volto del paese ad un secolo di distanza.
La diversità si evidenzia già a partire dai ripetuti sconvolgimenti subiti dal territorio: ci si riferisce alle disastrose alluvioni (solo nell’800 le date cruciali sono: il 1823, il 1853, il 1863 e 64, il 1872 e 73, fino al’inondazione di pochi anni or sono, documentata fotograficamente e ancora viva nei ricordi della gente), che con l’accumulo di detriti innalzavano il livello del terreno, distruggevano i campi coltivati e seppellivano col fango le abitazioni, che erano per lo più fabbricati rurali, , in concomitanza con una realtà economico-sociale prevalente mente agricola, di conseguenza duramente colpita delle calamita naturali.
Le sconforto dei contadini, per la perdita dell’unica fonte di sopravvivenza si allargava anche ai “nobili”, proprietari talora di latifondi; è dimostrato che gli stessi conti Pettini si occupavano con vanto della coltivazione di un esteso agrumeto… Fino a pochi anni fa, durante gli scavi per gettare le fondamenta di nuovi edifici, venivano alla luce locali, muri perimetrali, le classiche strutture in pietra di costruzioni precedenti: in sostanza pressoché tutta la parte bassa di Villafanca è stata più volte ricostruita. E’ ancora visibile, in un vicolo sotto la strada Nazionale, una casa “semi scomparsa”, di cui affiora la parte superiore con le arcate a “V” rovesciato del tetto e parte dell‘ingresso: quasi immagine simbolica di una natura difficile, di una terra che dà e riprende ricchezza della gente di questi luoghi che può’ vedere distrutto in un niente il proprio lavoro, ma ricomincia sempre di nuovo, costruendo sopra e accanto al ·passato·
Presumibilmente a causa delle alluvioni è stato modificato il corso della strada Nazionale, allora Provinciale, strada che passava prima per l‘attuale Piazza Dante; e fu costruito nel 1880 il primo ponte del paese, sul torrente S. Caterina, per consentire costantemente il transito, precedentemente, bloccato dalle piene del torrente. Poi, pian piano il cambiamento verso un’economia più stabile c maggiori certezze: l’impianto dell’Italcementi a Villafranca porta lavoro e denaro, ha un ruolo importantissimo nella ricostruzione di Messina dopo il terremoto del 1908.
Ci si avvia alla sostituzione dell’agricoltura come fonte economica primaria, resa incerta dalle circostanze naturali. con l’attività industriale-artigiana e il terziario: è una svolta positiva per la vita del paese, che vede la nascita di mattonifici, la corsa all’edilizia, un aumento della popolazione dovuto in parte all‘impianto della fabbrica Pirelli, forse la più grossa opportunità economica offerta a questa zona.
Rileggere oggi quel brano di un secolo fa ci mostra una realtà paesaggistica, soci|le, economica che appartiene alla storiografia o alla letteratura. Non più giardini, vigneti o agrumeti, a questo paese totalmente mutato resta in comune col secolo scorso il castello dei dei vecchi conti che, rimasto saldo nonostante le distruzioni, le calamità naturali, gli eventi, è un po’ il simbolo dell’identità e del coraggio di questa gente.
Ma anche il castello, eretto in posizione suggestiva e “ricco” di passato. è stato a lungo trascurato; in mezzo a conflitti di proprietà le opere d’arte che conteneva sono andate disperse; non utilizzato per alcuna attività, attualmente non visitabile quindi non godibile,sembra abbandonato al suo destino. In questo momento di recessione economica, di ·crisi (il caso Pirelli è il più eclatante) era il caso di perdere anche le proprie radici storiche?
Francesco Venuto

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