Sulle ali della malvasia

coltivatrice di capperi a vulcano

LIPARI – Malvasia e capperi tornano a dare un’accelerazione, anche se lieve, all’economia eoliana. Dopo un periodo di leggera crisi, i conti cominciano a migliorare. Complice anche l’istituzione del Consorzio per la tutela delle Malvasie delle Lipari doc, che comprende diversi produttori fra i sessanta autorizzati ad utilizzare il marchio d’origine. Il Doc è stato concesso nel 1974 e dieci anni dopo, nel 1984, nei 19,44 ettari autorizzati si producevano soltanto 271 ettolitri di malvasia, contro un massimo attuale di 352. La potenzialità eoliana sarebbe però di ben 1.225 ettolitri. La maggiore produttrice di questo vino, noto già nel 400 a.C., è Salina, dove sono presenti aziende del calibro di Hauner a Lingua, Fenech a Malfa, la cooperativa Sant’Onofrio di Pollara e la Caravaglio a Gramignazzo. Quest’ultima punta ad una produzione di diecimila litri di malvasia e 500 quintali di capperi. Una grossa boccata d’ossigeno per le 2.200 persone ancora in cerca di lavoro.

“Per la malvasia – dice Francesco Fenech, titolare della nota azienda di Malfa – utilizziamo sempre il metodo tradizionale con appassimento al sole e con fermentazione a temperatura controllata. Per questo la richiesta sul mercato nazionale ed internazionale è notevole e non temiamo nessuna concorrenza”. Fra i principali clienti, grosse aziende giapponesi e australiane. Ma non mancano europei e americani. Una maggiore associazione fra produttori consentirebbe comunque di fare fronte alle nuove richieste. Dolce, profumo aromatico, gradazione elevata, la malvasia viene prodotto in tre versioni: da pasto con un minimo di 11,5 gradi; da dessert con un minimo di 18; liquoroso con una gradazione minima di 20 gradi. La produzione segue i canoni di un’antica tradizione. L’uva viene raccolta in avanzato stato di maturazione ed essiccata per 10 – 15 giorni al sole. Quindi l’uva viene passata nei torchi a trave e il mosto fatto fermentare in piccole botti. Si discute sull’origine del nome. Da una leggenda cristiana, sembrerebbe che il nome gli venne dato casualmente da un contadino. Durante la dominazione musulmana, il poveretto si è imbattuto nel tiranno dell’isola mentre portava sotto il mantello una brocca con del vino dolce destinata al prete. «Cosa porti?», chiese il tiranno. «Succo di malva», rispose il poveretto. E quando la brocca gli venne strappata di mano, il contadino pregò Dio ed esclamò: «Malva – sia». E così fu che il vino si tramutò in malva, suscitando il disgusto del tiranno. Sul filone della produzione vinicola, che alle Eolie vanta anche ottimi bianchi e rossi da tavola, si è mosso pure il Leader II delle Eolie, guidato da Ersilia Pajno. La società si è infatti candidata per portare nell’arcipelago la prossima edizione di «Piccole isole, grandi vini».

Per quanto riguarda la produzione dei capperi, di cifre ufficiali non ce ne esistono. Si parla di un totale di oltre diecimila quintali di produzione. Fra le principali aziende di produzione c’è la Italiana Capers Sud di Lipari. I prezzi dei capperi sotto sale oscillano dalle 9 mila lire dei grossi alle 15 mila lire dei piccoli. Per quanto riguarda i capperi in aceto, invece, si va dalle 12 alle 15 mila lire.

Francesco Venuto