Le Colonne d’Ercole? Erano nello Stretto di Messina

CAGLIARI – Secondo il giornalista Sergio Frau le Colonne d’Ercole si trovavano nello Stretto di Messina. Nei giorni scorsi a Cagliari è stato presentato il libro del giornalista “Colonne d’Ercole”.

Ecco cosa ha detto del libro Giovanni Lilliu, presentando il volume di Frau: “Sergio Frau ha tolto le colonne d’Ercole da Gibilterra, dove tradizionalmente sono ubicate ab antiquo, e le ha «rimesse» nel canale di Sicilia. Rimesse o «messe» dove iniziava la «cortina» di ferro dell’antichità, come dice Sabatino Moscati, il confine vietato ai Greci poiché vi comandavano i Fenici con le loro mercanzie e, poi, pose radici l’impero cartaginese. Quell’impero – aggiungo io – che è stato il primo di tutti gli imperialismi calati per millenni sulla Sardegna: la Sardegna di Sergio Frau, per parte di padre cagliaritano. Frau ha rimosso da Gibilterra anche l’Ercole detto «recente» e le sue minacciose colonne che sembravano radicate, per memoria collettiva, nel mare là dove tramonta il sole.

Il mare sardo, il «Sardonios pèlagos» per Erodoto nel V secolo a.c. e, dopo di lui, per storici e geografi greci dal Iv al I secolo d.c. Il mare che bagnava la Sardegna a ponente, la distesa di acque scriveva Erotostere citato da Plinio – tra le Colonne d’Ercole e la Sardegna. Il «Sardoum mare» o «Sardonium pelagus» è pure ricordato, a occidente dell’isola, da Tolomeo, Dionisio il Periegeta, dal grammatico Pisciano. Ma è anche il mare di Erakles-Melqart, l’Eracles fenicio. Non è che i Fenici – vorrei osservare – abbiano tramutato il dio greco, con le stesse o vicine connotazioni, in dio fenicio per assimilazione o propizia integrazione, come, più tardi, i Cartaginesi, hanno conventito, per ragione politica, il dio nuragico Sardus Pater nel loro dio Sid? Comunque si pensi di questo miscuglio assai comune nei tempi antichi, per Sergio Frau il mare sardo è il mare di Eracle-Melqart, l’eroe-nume che governava su tutto il tramonto.

Sergio Frau crede agli antichi e non crede ai moderni, che per 2000 anni e passa hanno dovuto ragionare con mappe sbagliate nelle mani. Il suo non è un colpo di testa. Quella dello stretto di Sicilia gli appare come alternativa possibile, più realistica che Gibilterra e le «sue» colonne d’Eracle così lontane dalla storia e della geografia degli antichi Greci. Lo stretto strettissimo, tra il Lilibeo e Capo Bon, ben poteva essere stato la vera frontiera. Altro che lontana Gibilterra! Un mito? Ma il mito – qualunque sia – narrato dagli antichi, contiene una verità storica che la critica moderna deve tentare di ritrovare e spiegare. Dove cominciava l’oceano spaventoso di Omero? Impensabile al di là di Gibilterra. Chi e quando ha messo a Gibilterra le colonne d’Ercole? Ma quale Ercole? L’Ercole libico antico? O Eracle-Melqart dio di Tiro e dell’internazionale del commercio fenicio? E le colonne, legate alla saga di Eracle, non hanno per caso soltanto un valore simbolico? Punti estremi, punti d’arrivo, al di là dei quali non è possibile andare? E – altra diceria – le colonne non sono colonne, né promontori, ma isolette distanti trenta stadi l’una dall’altra corrispondenti a promontori.

Nell’intento di chiarire, una volta per sempre, questi interrogativi, Sergio Frau avvia la sua inchiesta, vestendosi da antico giornalista. Intervista gli antichi scrittori classici dall’VIII al I secolo a.Cr. e gli studiosi moderni che si sono interessati al fascinoso quanto enigmatico argomento. Omero, Esiodo, Erodoto, Pindaro, Strabone, Diodoro e tanti altri vengono interpellati. Le loro risposte sono contrastanti, le più in favore della collocazione delle colonnne a Gibilterra. Intrigante ad esempio, il responso di Diodoro: quando Eracle greco approdò ai promontori dei continenti di Libia (Leggi Africa) e d’Europa costeggiando l’Oceano, decise di porre le colonne a ricordo della spedizione. O di Strabone: «I cartaginesi affondavano le navi degli stranieri dirette verso la Sardegna o le colonne d’Ercole. O il passo di Crizia: «Il mare atlantico, al di là di quella bocca che i Greci chiamano colonne d’Ercole, dove c’era un’isola, e da quest’isola se ne raggiungevano altre e da quelle la terra che tutto circonda, vero continente».

In queste fonti si può ravvisare, con la collocazione delle colonne d’Ercole nell’estremo ovest del Mediterraneo, la prefigurazione virtuale del mondo greco precoloniale teso alla conoscenza e alla conquista, avvenuta in parte in età coloniale, del favoloso occidente. Ma Eracle, l’eroe prediletto ed esemplare, ha innalzato le due colonne anche per segnare i confini del mondo. E se le colonne piantate dall’eroe-dio testimoniano l’ultimo varco, simbolizzano, nello stesso tempo, l’estremo, l’apice delle virtù di colui che le ha piantate. Ove, però, alle colonne d’Ercole si dia il significato, o la raffigurazione simbolica, o la metafora di cortina di ferro, d’una svolta storica epocale, io sono d’accordo, dalla parte archeologica, col giornalista Sergio Frau, nel collocare le colonne tra Capo Bon e Lilibeo, o, se posso dirlo, tra la collina di Byrsa a Cartagine e l’isola di Mazia in Sicilia, avamposti strategici del mondo punico alla frontiera col mondo dei Greci. Fu la battaglia del mare Sardonio, nella quale fu coinvolta anche la Sardegna avviata a un nuovo duro destino con la perdita della libertà, a segnare la «cortina di ferro», a piantare le «ravvicinate» colonne di Ercole. Intorno al 540 a.c., nelle acque di Alalia-Corsica o di Albia si scontrarono le tre potenze allora padrone dell’occidente: Greci (Alalioti e Massalioti) da una parte e dall’altra Etruschi (in maggioranza Ceretani) e Cartaginesi.

A questi ultimi toccò la vittoria. Quelli dei Greci fatti prigionieri dagli Etruschi, portati a Cere, vi furono lapidati in un rituale a vantaggio dei Mani di qualche eminente ghenos. Altri, scampati dalla morte o dalla prigionia, caricarono sulle loro navi restanti donne, bambini e beni, lasciando la Corsica e portandosi, profughi, sulla costa del Cilento dove fondarono la città di Velia. La talassocrazia greca focea dovette cedere a quella degli Etruschi che ebbero mano libera nel Tirreno sino a Lipari e alle coste della Sicilia. I cartaginesi fondarono un impero nei mari dell’occidente, calando la saracinesca contro chiunque volesse violarli. La battaglia del mare Sardonio diventò l’evento drammatico per eccellenza nel mondo antico, che subì un totale cambiamento”.
Francesco Venuto Pubblicato per la prima volta on 02-11-2002