Piazza San Pietro tace. Carol Wojtyla ha cessato di vivere

ROMA – Da anni quell’uomo recava sul volto e sul corpo i segni di mali devastanti, sopportati con rassegnazione e straordinaria forza d’animo: da tempo, anche i meno credenti, avevano imparato ad amarlo proprio per questa sua sofferenza.
Così come si ama un nonno vecchio e malandato che però continua a dispensare carezze ai nipoti ribelli e distratti.

Solo tre giorni prima ci aveva provato, Papa Giovanni Paolo II, a comunicare ancora con la sua folla: con la gente che lo amava e che lui amava. Non ce l’aveva fatta. Il suo male lo aveva reso muto: neanche lui, così temprato alla sofferenza, era riuscito a mascherare lo spasmo, quella terribile smorfia di dolore che rimarrà  negli occhi di tutti.

Era stato lui, a ridosso delle grandi stragi di mafia del 1992, a visitare la Sicilia e gli avamposti di una mafia florida e straordinariamente bene organizzata.

Era stato lui, da Trapani ad Agrigento, ad “arrabbiarsi” contro la mafia: a tuonare contro i boss.

Era stato lui – uomo distante da certe logiche se non altro per provenienza geografica – a vibrare il pugno in aria e ad urlare con voce tremante ” Convertitevi!”.

Per la Sicilia Giovanni Paolo ha fatto questo: ha fatto quello che nessun Pontefice aveva fatto prima. Aveva sfidato e stigmatizzato la mafia in casa della mafia, e proprio mentre la mafia colpiva indisturbata – forte di un organigramma solido e compatto – i vertici della magistratura antimafia per eccellenza: i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lo zoccolo duro che la mafia per sopravvivere, doveva sgretolare, e tanti uomini delle forze dell’ordine.

Erano anni roventi per la Sicilia : anni di sbigottimento e di terrore.

Forse, per molti, di incredula rassegnazione. Da quelle visite sono scaturiti “pentimenti” ma- cosa ancora più eclatatante ed importante- un riavvicinamento generale dei giovani alla Chiesa ed alle sue linee guida che, per quanto rigide su certi punti, Papa Giovanni Paolo aveva cercato di “ammorbidire”
e di smussare proprio per far breccia nel cuore dei giovani. E c’era riuscito.

Chi verrà  adesso non raccoglierà  un’eredità  facile. Quest’uomo giocoso, allegro al di la della sofferenza, ben disposto e disponibile, tutto proteso verso la gente, non sarà  facile da soppiantare nel cuore e nella fede della gente di mezzo mondo.

Poco verosimile l’ipotesi di un Papa italiano, mentre si accredita sempre di più la possibilità  di un nuovo pontefice sudamericano: ciò anche se il nome più sussurrato seppure a mezza voce è quello del tedesco Joseph Ratzinger, Vescovo decano e braccio destro, amico e confidente del Papa che tutti vogliono Santo.

A. Verzera