Le impressioni di viaggio di Gaston Vuillier

LIPARI – Nel 1989 l’editore Pungitopo pubblica “Escursione alle Eolie – Impressioni del presente e del passato”. Si tratta del “terzo” viaggio dentro le Eolie curato dal “Centro studi e ricerche di storia e problemi eoliani”. Scrive Nino Paino: “Con Vuillier ci caliamo dentro le viscere della terra in compagnia degli scavatori della pomice, assistiamo incantati al mondo lasciato dall’eruzione di Vulcano…” .

Vuilleri si imbarca per raggiungere le eolie nel 1893

Gaston Vuiller si imbarca per le Eolie da Messina una sera del 1893: quando arrivò nel Mediterraneo era già un pittore affermato nel suo Paese, la Francia. Il suo resoconto sulle Eolie è sanguigno, mai distaccato dalla realtà con cui di volta in volta si andava a confrontare. Anche per questo ci piace riportare alcuni brani del suo arrivo a Canneto e la descrizione dell’incontro con

Don Pietro, il curioso parroco del villaggio:

«Volli seguire la spiaggia sulla quale, davanti alle onde carezzevoli, si allineavano le candide dimore. La barca fu tirata quasi fino a riva. Un rematore, scalzo e a gambe nude, mi prese in braccio e mi depose sulla spiaggia. Mentre ormeggiavano la barca, m’incamminai. Vidi una casetta ornata da un pergolato. Un omaccione molto brutto ma dall’aspetto bonario, in piedi sulla porta, mi chiamò: “Ehi, signor forestiero, esclamò, fermatevi un momento, fa caldo e il sole arroventa la spiaggia.

Concedetemi l’onore d’entrare in casa mia e di accettare qualcosa per rinfrescarvi!”. Un gran sorriso illuminò il suo volto rabelesiano. Si avvicinò porgendomi la mano, una mano grossa e tozza. Il suo vestito era di una semplicità primitiva e consisteva in una camicia sbottonata che lasciava intravedere il petto villoso e in un paio di mutande svolazzanti. I piedi enormi erano infilati dentro scarpe scalcagnate, e aveva la testa avvolta in un foulard rosso a strisce bianche, alla spagnola, con un gran cappello che lo proteggeva dal sole.

Prima di farmi entrare diede un’occhiata ad un fornello dove una minestra stava bollendo vivacemente. La mescolò allegramente con un cucchiaione di legno, facendo comparire riso, fagiolini e cipolle.

Pasto frugalee Malvasia a volontà

“Vedete signore, che pasto frugale il mio. Qui non siamo golosi però c’è della malvasia di prima qualità, ne berremo una bottiglia insieme”.

L’ombra della modesta casa era freschissima. Dalla finestra aperta si vedeva la distesa del mare sfavillante di luce. Il mio ospite andava e veniva, sciacquava i bicchieri, alzava o abbassava il fuoco sotto la minestra, scusandosi di lasciarmi solo per badare a quelle cose. “Noi siamo poveri, diceva, ma Dio ci vuole bene: guardate questo sole, queste pergole, ammirate quelle vigne laggiù sul pendio, sono mie”. Il capitano e Chamecin che mi cercavano, arrivarono in casa. “Non una, ma quattro bottiglie ci vogliono, esclamò l’ospite: i forestieri sono sempre mandati da Dio!”.

Da qualche minuto avevo notato, steso sul muro, un grande abito nero sopra il quale era appoggiato un cappello a larghe tese. “Ma quella è una tonaca, dissi a Chamecin”. Sì, chi ci accoglie è un sacerdote, mi disse, quello è il suo abito”. Don Pietro, era questo il suo nome, tornò con le bottiglie in cui sembrava sorridere un vino dorato. Lo versò allegramente, riempiendo i bicchieri, e chiamò ad alta voce i nostri marinai che passavano. “Bevete questo vino del Signore, alla salute del forestiero che ho accolto nella mia casa”. E tutti a bere.

Lui, afferrando una bottiglia, se la portò alla bocca e la scolò d’un fiato. Voleva che restassimo a bere ancora, ma avevamo fretta perché eravamo attesi in villaggio. Ci accompagnò sulla spiaggia voltandosi preoccupato verso casa e, una volta tornato, lo vidi da lontano mescolare la minestra fumante».
Francesco Venuto