Il lungo viaggio di Madeleine/Ritratto di un’archeologa francese innamorata delle Isole Eolie

LIPARI – E’ ancora francese perché la tradisce quell’inconfondibile accento che rende particolare la sua parlata a mitraglietta, perché è capace di raccontare la storia di Lipari, dalle origini ad oggi, senza fermarsi mai, note a piè di pagina comprese; e perché qui la gente la continua a chiamare “la signorina francese”.

Lo status di “liparota” guadagnato sul campo

Per il resto Madeleine Cavalier è ormai “liparota”, “liparota” e non “liparese”, si badi bene; uno status che gli eoliani dell’isola principale delle Eolie concedono a poche persone, tra quelle giunte dall’esterno.

Chi l’ha conosciuta bene, e ne ha seguito la lunga permanenza sull’isola, dice che molto presto ha preso pure l’abitudine di camminare scalza in casa. Così,come fanno le donne e i bambini da queste parti. Un contatto con la terra tutto eoliano, ma per un’archeologa che ha investito tutta la sua vita a scavare, frugando dove gli altri vedevano solo cocci e pietre, la terra assume un significato simbolico che va oltre le evidenze.

Un mito moderno della ricerca archeologica

Madeleine Cavalier oggi è il mito moderno di un arcipelago che le deve molto. Fu lei a realizzare nel 1954, assieme al “professore”, il compianto Luigi Bernabò Brea, quel museo archeologico che è il frutto di moltissimi anni di sacrifici e di dedizione assoluta alla ricerca scientifica.
E’ una lunga storia di successi che hanno arricchito culturalmente le sette isole, ma che non sembrano aver cambiato per nulla la donna e la ricercatrice; la studiosa che ha saputo rimanere sempre un passo indietro rispetto al maestro, cui è andata incontro giovanissima, inviata in missione da un centro di studi ligure con solidi contatti con le strutture scientifico-universitarie francesi, e con il quale ha passato da sposa solo una breve ma intensa stagione.

Un personaggio atipico per la sua riservatezza

Il “personaggio” Madeleine Cavalier probabilmente non esiste nella realtà, perché niente ha fatto per diventarlo, meriti scientifici a parte. Gli stessi liparoti in fondo non sembrano aver avuto moltissimi contatti con lei.

La mattina presto la visita ai “suoi” ragazzi

Eppure la mattina presto al castello, nell’area della Cattedrale di Lipari e dei padiglioni del museo, se il silenzio irreale di una domenica d’inverno viene rotto dal rumore di passi veloci, non c’è bisogno di girarsi: è lei che va a trovare i suoi “ragazzi”, cioè i custodi della sua “creatura”, il museo archeologico intitolato a Bernabò Brea.  Pure la sua vecchia Cinquecento nocciola, parcheggiata dentro la fortificazione, nei pressi del suo alloggio, fa parte di un paesaggio dalle formidabili suggestioni. Anche per questo, se è toccato a lei, che viene dalle lontane terre francesi coltivate a vigna, raccontare ai “liparoti”  chi erano, a noi avrebbe fatto piacere chiederle perché lo ha fatto.

Non si disturba un mito

Ma come si fa ad importunare un mito? Una persona che guarda per terra e vede una capanna preistorica, gli uomini che ci stanno dentro, il cibo che hanno consumato, la cenere del fuoco che li ha riscaldati… E noi vediamo solo terra nera e pietre. Così non è rimasto che osservarla alle Terme di San Calogero, mentre teneva una lezione di archeologia a ministri, assessori e deputati nazionali e regionali con il solito entusiasmo di quella giovanissima studentessa francese arrivata un giorno dal mare in una Lipari molto diversa da quella di oggi.

Francesco Venuto