Gens, revival di successo /I componenti del noto complesso messinese riuniti dopo vent’anni per Canale 5

MESSINA – «Una rotonda sul mare, il programma di «Canale cinque», dopo quasi vent’anni li ha rimessi insieme. I Gens hanno cantato un loro cavallo di battaglia, «Per chi» ed ancora una volta hanno assaporato il successo. Venerdì torneranno negli studi televisivi, appagati dalla soddisfazione di avere passato il turno, ma senza ambizioni perché, come ha sottolineato Red Ronnie, «i Gens non esistono più».

Eppure i cinque ragazzi messinesi nel ’68 hanno segnato un’epoca. Erano gli anni della contestazione, di «mettete dei fiori nei vostri cannoni. I giovanissimi a Messina si incontravano a piazza Cairoli, ai tavolini del bar Irrera, dove passavano le storie piccole e grandi della città: la politica, il lavoro, l’amore.

Lì nacque «In fondo al viale»: «In quel caffé dove va gente che non cosa fare, ho conosciuto lei…». Un testo delicato e ruffiano, per nulla contestatore, buttato giù sulla carta da Salvatore Trimarchi, un cantautore di Monforte San Giorgio; un’andatura melodica e orecchiabile.

Fu subito successo, inaspettato, soprattutto per loro che, bighelloni, facevano lunghe passeggiate su e giù per la città, uniti dagli anni e dalla musica. Sembrò che ogni città d’Italia avesse un viale San Martino e un bar Irrera, perché la canzone esplose dappertutto e anche a Milano, dove i dischi venduti furono migliaia, i ragazzi si identificarono in quel motivetto.

I messinesi, poi, si sentivano protagonisti. Mentre però gli impresari facevano a gara per contenderseli, sulla scia del l’exploit al «Cantagiro» del ’69, i Gens se ne stavano beati e ignari a godersi il mare di Stromboli.»

Eravamo giovanissimi e incoscienti – afferma Pino Salpietro, il batterista del gruppo, oggi l’unico della band rimasto a Messina, nella casa materna a Torre Faro, tra la spiaggia, la palestra e una filosofia dl vita epicurea, abbronzato e sornione, fisico da culturista: «In fondo al viale» vendette 500 mila copie, ma noi neppure lo sapevamo, e quando andammo a suonare allo stadio «Marassi» di Genova non credevamo ai nostri occhi, vedendo una marea di gente che ci applaudiva e le ragazzine che urlavano i nostri nomi».

Una carriera folgorante.

dieci dischi gettonatissimi e un long playng con canzoni firmate da quasi tutti i componenti del gruppo; due vittorie al «Cantagiro», diverse partecipazioni a «Sanremo». Proprio a Sanremo, Filiberto Ricciardi, pianista e cantante dei Gens, prese una «stecca» divenuta storica, mentre cantava «Prati verdi intorno a noi».»In fondo avevo vent’anni e l’emozione di cantare davanti a milioni di telespettatori, per giunta in diretta – afferma oggi Ricciardi, tornato a Messina come ad ogni estate per le vacanze. Vive a Milano, come gli altn membri del gruppo, Pippo Landro, ex tastierista che adesso fa l’importatore di dischi ed Ettore Cardullo, il bassista dei Gens, ora proprietario di un negozio di videocassette a Monza. In cinque anni fecero molta strada da «Granatari» e dalla»Silvanetta», dove si esibivano, come del resto tanti altri complessini messinesi che non hanno avuto la stessa fortuna.

La morte del chitarrista del gruppo Gilberto Bruno

Il chitamsta del gruppo, Gilberto Bruno, era particolarmente apprezzato a livello nazionale per la sua abilità tecnica. Dopo la sua morte, a causa di un incidente stradale a Brescia, i Gens tornarono a Messina e vollero ricordarlo in un megaconcerto all’arena «Corallo»: qattromila persone assiepate pure sui muri, un grande ritorno che incontrò il favore del pubblico. «Ma non della critica – ricorda Filiberto Ricciardi – perché il giorno dopo furono contestati da qualche giornalista i nostri testi, considerati «poco impegnati».

In fondo al viale del tramonto

Seguirono altri successi; poi, un giorno, i Gens si sciolsero, non per mancanza di pubblico, ma perché ognuno di quei ragazzi, crescendo, prese la sua strada. Dalle ceneri del complesso nacque un altro gruppo musicale messinese, gli «Opera», creato da Filiberto Ricciardi, con Nino Barrilà, il bassista, Carlo Simone, voce e chitarra, oggi ingegnere, Mario Volanti, chitarrista, ora proprietario del network «Radio Italia»; l’unico «straniero» era Vincenzo Maccagnini, di Brindisi, il batterista. Dopo aver collezionato alcuni successi, tra cui «Stelle su di noi» e «Donna di chi», nell’80 gli «Opera» cessarono di esistere.

“Alla fine quello che manca non sono i soldi, ma l’applauso del pubblico – afferma Giuseppe Salpietro – e ti restala vogIia di suonare, che è la cosa più importante».

Francesco Venuto