Didimo e il suo sarto

SAPONARA – Bottoni comprati sulle bancarelle dei mercati, stoffe senza molte pretese cucite su modelli stile anni ’30. Così ama vestirsi la signora Curtò, moglie di Diego, il presidente-scrittore del Tribunale di Milano finito nelle maglie di tangentopoli alla fine della scorsa estate. Una cliente difficile, che tira sul prezzo della manifattura e non ha ancora ritirato alcuni abiti, per il suo sarto di fiducia, Antonino Pino, 67 anni, single di Saponara, alle spalle lunghi anni trascorsi nelle migliori sartorie di tutt’Europa; da qualche tempo rientrato nella pace paradisiaca di contrada Musarra, in mezzo ai giardini di agrumi dove vive con la zia e i suoi ricordi giovanili.

Con Diego Curtò si sono visti l’ultima volta la scorsa estate: il magistrato, che ha una villa a Orto Liuzzo, ogni anno aveva una tappa obbligata a Saponara, dove Antonino Pino gli faceva trovare i fichi secchi. Curtò li gustava sedendosi nella piazzetta antistante la casa del suo amico-sarto. “Un uomo semplice, molto comprensivo, che spesso veste in grigio – dice Pino violando la riservatezza che lo contraddistingue -. Mi ha fatto dono del suo ultimo libro, “Didimo e il suo giudice”, con tanto di dedica e la promessa di farmi avere presto anche gli altri della sua produzione letteraria”.

Della vicenda giudiziaria di Curtò il maestro non preferisce parlare ma ricorda ancora una battuta che il giudice quasi gli sussurrò in un orecchio: “Le donne, cosa vuoi, sono più venali dell’uomo”. Cosa voleva dire, il magistrato che asseriva di avere gettato trecento milioni nella spazzatura? Certo è che di tipi strani e importanti Pino ne ha conosciuti tanti nella vita: a Torino, ad esempio, da “Ubaldo”, una delle sartorie più “in” della città della Mole, ha conosciuto i fratelli Agnelli, quelli della Fiat, che, ad ogni cambio di stagione, sceglievano per loro i tessuti e modelli più costosi e ricercati.

Anche Pininfarina, il noto stilista di automobili, era un tipo originale: ordinava una mezza dozzina di vestiti dello stesso colore alla sartoria “Spadafora”, sempre a Torino. Era un modo per non ostentare ricchezza, una sorta di innata modestia.

A Roma negli anni ’60, nel pieno della dolce vita, Antonino Pino incontrò il giovane Massimo Mollica agli esordi. e che non poteva ancora permettersi abiti di alta sartoria. L’attore messinese a Roma aveva conosciuto Gino Magazzù, già pezzo da novanta della Rai, anche lui messinese di Rometta. In quel periodo Mollica condusse un programma radiofonico di grande successo.

Antonino Pino,invece, per conto di una sartoria nei pressi del Quirinale, confezionava vestiti per Aroldo Tieri, “Uno dei pochi ad avere un guardaroba fornitissimo”, commenta il sarto saponarese. Alle sue mani era dovuto anche il look di importanti funzionari della Rai, come Italo De Feo, divenuto poi suocero di Emilio Fede, anche lui della provincia di
Messina.

1993 – Francesco Venuto