Ciao Peppino Mondello, Che Guevara della Pirelli/ Aveva la fabbrica nel sangue…

centonove

VILLAFRANCA TIRRENA – autore Francesco Venuto, pubblicato su centonove del 12 dicembre 1997 pagina 25 – «Il lavoro, per Peppino, con quell’orgoglio tutto particolare degli operai professionali, era non solo l’unico modo conosciuto per vivere, ma anche per trasformare. Il lavoro come lui lo sentiva, con quella straordinaria capacità che ha di cambiare le cose materiali e, insieme ad esse, la vita degli uomini e delle donne, le loro relazioni, la loro cultura, i modi e le forme del loro stare insieme. . .». E’ una parte del discorso che martedì pomeriggio il segretario messinese della Cgil Salvo Giglio ha pronunciato davanti ad una bara di mogano verniciato a lucido, in una chiesa grigia gremita di persone, forse settecento, ed altrettante fuori ad aspettare silenziose.
Le parole di Giglio restituiscono meglio di altre la personalità di Giuseppe Mondello, uomo-simbolo della lotta operaia all’interno dello stabilimento Pirelli di Villafranca Tirrena, temuto dai capi fabbrica per la sua azione sindacale determinata, aggressiva quando era il momento di aggredire, ma sempre lucida, razionale, mirata.

Giuseppe Mondello è morto a soli 51 anni a causa di una quelle malattie che non lasciano scampo e che ha gettato nella disperazione la sua famiglia, la moglie Anna, anche lei ex operaia Pirelli, e i due figli Francesco e Rosanna. Che ha lasciato orfani del loro leader riconosciuto, dell‘uomo di cui si fidavano ciecamente, i 412 ex operai dello stabilimento Pirelli, oggi più che mai disorientati, stretti in una morsa tra l’altolà alla cassa integrazione lanciato dal Governo e l’incapacità delle stesse strutture paragovernative di riportare il lavoro, quello vero, in un’area che ogni giorno di più assume i colori di un cimitero, il cimitero delle illusioni.
Mondello è morto da leader sindacale e politico, per lui è stato decretato il lutto cittadino dal comune, L’Unità ha pubblicato un necrologio in suo ricordo, la Polizia Municipale ha indossato la divisa più bella scortandone la salma.
Ma chi era veramente Peppino? “Pacioto” del Villaggio Pace di Messina, figlio di un marittimo di cui accettava malvolentieri le frequenti assenze da casa, al contrario di molti altri colleghi arrivati in Pirelli da realtà agricole  studia per diventare operaio frequentando un istituto professionale messinese. Nei primi anni Sessanta trova lavoro nel cantieri “Sea flyght”, dove si realizzavano gli aliscafi in concorrenza con la “Rodriquez”; poi, dopo il servizio militare, entra in Pirelli, segnalato dalla sua stessa scuola come operaio specializzato tra i più promettenti.
Ebbe a scrivere lo stesso Mondello nel 1992, intervenendo sul fascicolo “Ciminiere e parole”: «La Pirelli, comunque, è approdata a Villafranca perché sfruttava al massimo tutti i vantaggi derivanti dalle leggi del tempo, la voglia di lavoro e la capacità di adattamento dei meridionali. Persino il metodo di assunzione del personale e il suo sfruttamento, ad esempio, rientravano nei piani del massimo profitto. Per essere assunti definitivamente bisognava superare due giudizi: le indagini degli uomini di fiducia del direttore e un periodo di prova di quindici giorni. Un mio amico, diplomato e intelligentissimo, mi confidò di aver saputo di non essere stato assunto perché portava al collo un medaglione con l’immagine di Che Guevara».
La personalità di Mondello, che non porta al collo medaglioni, ma l’eskimo verde e una copia de L’Unità sotto braccio, emerge dopo i primi scioperi del 1966 “indetti da una timida commissione interna”, come egli stesso tra le altre cose scrisse. Si consolidò nel 1968 con le lotte sindacali che portarono alle storiche conquiste di salari più alti per gli operai e il superamento delle gabbie salariali.
Di quel periodo Mondello scrive: «Furono giorni di vera e spontanea solidarietà, con l’organizzazione della Messa di Natale in fabbrica e la partecipazione di formazioni musicali “impegnate” ideologicamente per allietare le serate degli operai nei freddi capannoni, lontani dalle famiglie». Così si forma il sindacalista Mondello, che Maurizio Ballistreri della Uil definisce «…luminosa figura di dirigente del movimento operaio, ispirato da una coscienza di classe aliena da ideologismi, al servizio degli interessi dei lavoratori e dell‘unità sindacale».
Nicola Giunta, compagno di lavoro di Mondello, oggi segretario della Flerica-Cisl dice: «Nonostante le divergenze d’opinione in campo sindacale, come nel caso dell’accordo di San Valentino (la questione contingenza) siamo sempre stati assieme come fronte unitario nelle battaglie dentro la Pirelli».
Il Sindacalista che raccoglie a piene mani l’ammirazione dei suoi stessi compagni di lotta e di lavoro sa fare anche autocritica: «Il ’68, se da una parte è stato un momento di grandi conquiste sociali, ha anche fatto crollare frettolosamente alcuni tabù: ne è un esempio la concessione alla Pirelli del turno notturno per le donne, mentre erano completamente assenti le strutture esterne di assistenza all’infanzia. Per questo molte nostre colleghe furono costrette a licenziarsi».
Poi c’è il buio degli anni che vanno dal 1992 ai giorni nostri: Pirelli sbaracca e Mondello, come del resto tutti i sindacalisti, si trova a tutelare i lavoratori senza che ci sia il lavoro. Le lotte si fanno per ottenere un sussidio, la cassa integrazione nelle sue varie forme, i lavori socialmente utili, una reindustrializzazione che, se ci sarà, probabilmente non sarà destinata alle stesse persone che fanno sacrifici per ottenerla. ln questo contesto, comunque, la filosofia di vita di Mondello si adatta ma non muta: è tra i primi a puntare il dito contro la Messina Sviluppo, mette in piedi il progetto Hyppocampus, la cooperativa di ex operai che si occuperà di itticoltura. Già gravemente ammalato, nel corso dell’ultimo sciopero regionale sale sul palco allestito all’ingresso della Pirelli e parla a modo suo, denuncia le inadempienze, incita i compagni a non mollare e a continuare la lotta per il diritto al lavoro.
Il Mondello politico vive due stagioni; la prima è quella degli anni Settanta, dove brilla dai banchi dell’opposizione consiliare, che felicemente divide con altri esponenti di partiti antitetici rispetto al suo. Poi ci sono gli ultimi quattro anni: i suoi interventi sono mirati quasi esclusivamente alla questione della reindustrializzazione Pirelli, ai problemi degli operai in cassa integrazione. Col sindaco Domenico Battaglia, poi, c’era un’amicizia che risaliva al 1968: Battaglia era tra i giovani che portavano solidarietà ai lavoratori che occupavano la fabbrica.
Alla vigilia di queste elezioni – dice Battaglia, che è stato rieletto primo cittadino – gli ho chiesto di far parte della mia squadra di assessori in caso di rielezione». «lo non sono riuscito a rifiutare ed ho trovato, anzi, in questa opportunità le ragioni per proseguire una mia personalissima, intima “sfida”», ha scritto lo stesso Mondello, qualche giorno prima delle elezioni, ai suoi compagni di lavoro. Anche Che Guevara diventò ministro. Poi scoprì che quello non era il suo posto. Questa possibilità a Peppino Mondello non è stata concessa.

Francesco Venuto