Carmelo Donato ha 81 anni e vuole ritornare in servizio nella Guardia di Finanza

CASTROREALE – Nel 1945 lo allontanarono dalla Guardia di Finanza per un sospetto. Più di mezzo secolo dopo, ad ottantuno anni suonati, se il Tar della Lombardia gli darà ragione Carmelo Donato potrebbe coronare il sogno che ha inseguito per tutta una vita, cioè quello di tornare a vestire l’amata divisa di finanziere. Originario della frazione Bafia di Castroreale, dove torna ogni estate ospite della sorella Maria Carmela e dei nipoti, ma residente a Milano, dove lavora ancora nella sua piccola azienda, Donato ha conosciuto una lunga odissea, cominciata il 28 marzo 1945. In quei giorni era in forza alla Seconda Compagnia della “Brigata volante”, e si trovava ricoverato presso l’ospedale militare di Milano, dove gli stavano curando una ferita causata dalla scheggia di una bomba, un brutto ricordo del servizio prestato nei Balcani. Alle nove del mattino arriva in ospedale il tenente Luigi Macchi e non si tratta di una visita di cortesia: “Donato, mi spiace, ti hanno trasferito”, comunica lapidario l’ufficiale al suo sottoposto che cade dalle nuvole. “Ma come, trasferito? – replica Donato – Io devo andare in convalescenza, mi hanno dato 40 giorni”. “Non chiedermi altro, non lo so – ribatte in modo ancor più sbrigativo il tenente Macchi – Sei trasferito alla Brigata Gravedona”. Le cose non stavano proprio così: Carmelo Donato qualche ora dopo si ritrova rinchiuso nelle celle di sicurezza della Legione. Qui un capitano della Finanza, Armando Molino, notifica al castrense una sorta di sentenza senza appello:

“Per motivi disciplinari ti mettiamo in licenza illimitata senza assegni. Restituisci la divisa. Il comando si farà vivo con te molto presto…”. E qui finisce la carriera militare dell’allora aitante giovanotto di Bafia, l’abitato estremo di Castroreale che conserva ancora oggi la sua vocazione agricola. Vocazione, o necessità, alla quale non sfuggiva neanche Carmelo Donato, naturalmente prima di indossare gli scarponi. In paese gli amici più anziani lo ricordano ancora in canottiera, mentre era al lavoro nelle campagne. Di lui elogiano la generosità, la naturale disponibilità verso gli altri. Ma Bafia per Donato, comunque, almeno allora significò solo un punto di non ritorno, aggravato anche da ciò che gli era accaduto, da quella sorta di infamia che gli avevano incollato addosso: fece di tutto per capire i motivi dell’espulsione dalle Fiamme gialle; lo ha fatto per cinquant’anni ottenendo sempre la stessa risposta ufficiale: “Caro signor Donato, la sua dispensa dal servizio è confermata…”. Quello che c’era da sapere lo ha appreso sul momento dallo stesso capitano Molino, negli interminabili giorni trascorsi in cella: l’accusa era di trafficare in generi alimentari, una sorta di contrabbando. “Nessuno straccio di prova naturalmente… – afferma Donato – Solo sospetti, ai superiori non andava giù il fatto che mi vestivo troppo elegantemente, che avevo successo con le donne. E tutto questo, a loro avviso, non si poteva fare con 340 lire mensili di stipendio”. Donato riconsegna la divisa e scompare dalla circolazione per qualche tempo. Altri avrebbero rimosso tutto l’accaduto relegandolo nel conto di un passato che, specie nel dopoguerra, ognuno cercava di dimenticare in fretta. Tutti, tranne Carmelino che, dopo la Liberazione, torna al comando di Legione per chiarire la propria vicenda, ma incassando una delusione dietro l’altra. La vera guerra per Donato è quella molto personale ingaggiata contro il muro di gomma rappresentato – a suo dire – dal comando della Gdf. Mezzo secolo di sconfitte, comunque, incassate solo su questo fronte, poiché la vita dell’ex finanziere ha avuto un decorso più che dignitoso, si è fatto una splendida famiglia, i figli laureati e ben sistemati; insomma le soddisfazioni non gli sono mancate, anzi forse ne ha avute di più rispetto alla triste prospettiva di un magro stipendio fisso da finanziere. Ma il ricordo della divisa, del cappello con la penna in testa e la fiamma al centro, per Donato era un chiodo fisso: di tanto in tanto tornava dagli amici in brigata e con il magone alla vista di tutte quelle uniformi con le mostrine luccicanti diceva loro “Vedrete che torno! …torno”. Per ritornare le prova tutte, spedisce suppliche e minacciosi esposti in ogni dove, aspetta qualche anno e poi ricomincia di nuovo a riempire carte bollate sino a trovare la probabile soluzione del suo tormento, ben cinquantadue anni dopo, proprio nello stesso punto da cui era partito. Durante una delle sue permanenze a Castroreale, nell’autunno dello scorso anno, incontra un vecchio amico “esperto di leggi”, gli racconta la sua storia andando lentamente su e giù tra i vicoli del paese e la piazza. L’amico l’ascolta pazientemente, si appassiona, poi sentenzia: “Vai nell’archivio della Legione e chiedi che ti rilascino copia del fascicolo personale. Oggi lo puoi fare perché c’è una legge sulla trasparenza degli atti della pubblica amministrazione che te lo permette”. Qualche giorno dopo la rivelazione, il 27 ottobre 1997, Carmelo Donato invia al Comando generale della Guardia di Finanza una raccomandata con cui richiede copia integrale del suo fascicolo. Risultato: quando l’uomo passa ai raggi x le carte che lo riguardano scopre che su di lui in pratica i suoi superiori non sono stati in grado di raccogliere elementi positivi ma hanno solo “fondati sospetti che traffichi in qualcosa di illecito: pertanto si decide la sospensione dal servizio per motivi disciplinari”. Tutto qui, nessuna prova, come ha sempre immaginato Donato, solo sospetti. A quell’epoca evidentemente ciò era sufficiente per bollare a vita un uomo. Adesso Donato attende con ansia l’alba del prossimo 25 febbraio: il Tar della Lombardia si dovrà pronunciare su di una sua ennesima richiesta di sospensione del provvedimento disciplinare del’45. Se ciò avverrà (e come si fa a negare un desiderio ad un uomo di 81 anni?) la divisa è pronta nell’armadio della sua casa milanese, stirata e con le mostrine gialle tirate a lucido: “Mi sta ancora a pennello e aspetto solo di indossarla”, dice Donato, emozionato come un bambino. E se gli riconoscessero anche gli stipendi arretrati?
Francesco Venuto 20/02/1998